Pubblicato: 20 Ottobre 2016 - Categoria: Pubblicazioni

Sommario. Premessa; 1. Gli istituti di protezione dei disabili prima della legge 112/2016; 2. L’ambito soggettivo; 3. Trust, vincoli di destinazione e fondi speciali; 3.1 Trust di protezione, amministrazione di sostegno e autorizzazioni giudiziali; 3.2 Riducibilità e revocabilità degli atti dispositivi con finalità di protezione; 4. Forma e contenuto degli atti.; 5. Il Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare e sue finalità; 6. Ulteriori disposizioni agevolative.


Premessa

La L. 22 giugno 2016 n. 112 (pubblicata in G.U. n. 146 del 24 giugno 2016 ed entrata in vigore il giorno successivo), titolata dai media quale legge del “dopo di noi”, si pone l’ambizioso obiettivo di “favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia” delle persone affette da grave disabilità (come definita dall’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104), prive di sostegno familiare “in quanto mancanti di entrambi i genitori” o perché gli stessi “non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale” ovvero “in vista del venir meno” di tale sostegno.

Tutto ciò nella dichiarata attuazione dei principi stabiliti dagli artt. 2, 3, 30, 32 e 38 della Costituzione, degli artt. 24 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed infine degli artt. 3 e 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (fatta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009 n. 18).

 In base all’art. 19 della citata Convenzione di New York gli Stati aderenti “riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e la loro piena integrazione e partecipazione nella società, anche assicurando che: (a) le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione; (b) le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l'assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione; (c) i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattate ai loro bisogni”.

 Di fronte alla vastità degli impegni convenzionali e comunitari, alle grandi aspettative delle famiglie che affrontano quotidianamente la disabilità dei propri cari, l’intervento legislativo de quo è apparso subito di scarsa portata, tanto da essere stato definito già in fase di approvazione parlamentare “un’applicazione in scala ridotta e annacquata delle indicazioni della Convenzione ONU sui diritti delle Persone con Disabilità”[1].

Vero è che la bontà della legge e la sua attitudine al raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 1, potranno essere valutate solo dopo la sua concreta applicazione e l’emanazione dei decreti ministeriali attuativi previsti negli artt. 2 comma 2, 3 comma 2 e 6 comma 11.

 Nell’attesa dunque della normativa di dettaglio appare opportuno tracciare una breve sintesi delle novità contenute nella legge, soffermandosi in particolare sui profili di impatto immediato sugli istituti civilistici ivi richiamati.

 La legge n. 112/2016 stabilisce una serie di interventi da attuarsi su due versanti, quello pubblico e quello dell’autonomia privata, in un’ottica che valorizza la collaborazione tra Stato e cittadini per la soddisfazione di interessi a forte valenza pubblicistica, anche tramite l’incentivazione del ruolo sussidiario riconosciuto a livello costituzionale all’iniziativa privata che miri alla realizzazione di attività di interesse generale (art. 118 ult. comma della Costituzione).

 Sul versante pubblico, la legge stabilisce che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dovranno garantire su tutto il territorio nazionale ai soggetti disabili di cui all’art. 1 comma 2 prestazioni assistenziali omogenee, obiettivo raggiungibile attraverso il procedimento di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), da adottarsi ex legge 6 maggio 2011 n. 68 attraverso la Conferenza Stato-Regioni (ai sensi dell’art. 8 D.Lgs.n. 281/1997) in applicazione dell’art. 117 comma 2 lett. m della Costituzione.

 Le regioni e le province autonome sono perciò chiamate ad attivarsi sia per l’individuazione dei suddetti livelli essenziali (art. 2), sia adottando “indirizzi di programmazione”, sia definendo “i criteri e le modalità per l’erogazione dei finanziamenti, le modalità per la pubblicità dei finanziamenti erogati e per la verifica dell’attuazione delle attività svolte e le ipotesi di revoca dei finanziamenti concessi” (art. 3 commi 2 e 3).

 Nelle more della definizione dei LEP vi sarà inoltre un decreto ministeriale - da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge – che stabilirà “gli obiettivi di servizio”, cioè le modalità e i requisiti per accedere alle prestazioni gravanti sul “Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, appositamente istituito dall’art. 3 della legge stessa e finanziato secondo quanto previsto all’art. 9.

 Molto più concrete e immediatamente fruibili appaiono le provvidenze previste sul versante privato, che si sostanziano in deducibilità fiscale, esenzioni e agevolazioni sia per le erogazioni liberali, sia per la stipula di polizze di assicurazione, di trust, di vincoli di destinazione ex 2645 ter c.c., di “fondi speciali” da gestirsi a mezzo di “contratti di affidamento fiduciario”, anche a favore di onlus di diritto pubblico che operino prevalentemente nel settore della beneficenza (art. 1 comma 3 e artt. 5 e 6).

 In tale prospettiva, l'art. 5 della legge ha innalzato l'importo fiscalmente detraibile dei premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte, finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave, mentre l'art. 6 esenta dall'imposta sulle successioni e donazioni i conferimenti di beni e diritti in trust ovvero la costituzione di vincoli di destinazione di cui all'articolo 2645-ter del codice civile ovvero la destinazione a fondi speciali istituiti in favore delle persone con disabilità grave di cui al comma 3 dell'articolo 1 della medesima legge.

 

1. Gli istituti di protezione dei disabili prima della legge 112/2016

Prima della legge sul “dopo di noi”, nel caso in cui il genitore avesse voluto “programmare” una forma di sostentamento per il figlio bisognoso di assistenza, normalmente ricorreva al testamento, con il quale il de cuius poteva disporre la sostituzione fedecommissaria prevista dagli articoli 692 ss. cod. civ. Mediante tale istituto il testatore effettua una doppia istituzione, una immediatamente efficace fin dall’apertura della successione, in favore del primo istituito rappresentato dal soggetto debole, e l’altra in favore di un secondo istituito che si è preso cura del primo, efficace dalla morte di quest’ultimo.

 Più precisamente è previsto che i genitori possano istituire il figlio interdetto (ma anche i nonni e il coniuge, rispettivamente a favore del nipote e del coniuge) con l’obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni anche costituenti la legittima, a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore, abbiano avuto cura dell’interdetto medesimo.

 Rispetto ai beni lasciati al primo istituito si crea una sorta di vincolo di destinazione “allo scopo”, potendo i creditori di quest’ultimo agire esecutivamente non sui beni lasciati ma solo sui frutti prodotti da quelli.

 La stessa disposizione è applicabile a favore del minore di età nel caso in cui si trovi nelle condizioni di abituale infermità di mente, tali da far presumere che al compimento del diciottesimo anno egli verrà interdetto.

 L’istituto in parola pone evidenti limiti qualora lo si voglia impiegare nella medesima situazione ipotizzata dal legislatore del “dopo di noi”.

 Guardando all’ambito soggettivo, ad esempio, il fedecommesso può essere utilizzato solo se la persona beneficiata sia un interdetto al quale sia stato nominato un tutore ex art. 414 c.c., mentre la nuova legge consente l’impiego degli strumenti negoziali previsti dall’art. 6 a favore dei “disabili gravi”, e quindi anche per soggetti che soffrono di una disabilità fisica ma che non sono affetti da alcuna patologia mentale tale da far luogo all’interdizione.

 Quanto ai soggetti disponenti, invece, il fedecommesso circoscrive solo al genitore, all’ascendente e al coniuge la possibilità di disporre per testamento favore dell’interdetto, mentre la legge n. 112/2016 non pone limiti sotto questo profilo, ammettendo anche soggetti diversi dai genitori - addirittura non legati da vincoli di parentela con il soggetto beneficiato - a stipulare uno degli atti negoziali con finalità di protezione.

 Per far fronte alle esigenze di vita del disabile si è anche fatto ricorso con una certa frequenza in passato ad un altro istituto testamentario. Il de cuius cioè poteva effettuare un lascito a titolo di erede o di legato a favore di un determinato soggetto, gravandolo al contempo ex art. 647 cod. civ. dell’onere (o modus) di prestare assistenza materiale o morale a favore di un determinato soggetto disabile. Simile disposizione, che ricalca lo schema del vitalizio alimentare previsto dall’art. 1872 co. civ., presenta l’inconveniente di non creare alcun vincolo di destinazione (o di separazione patrimoniale) con finalità assistenziali sul patrimonio attribuito per testamento. Nasce invece un semplice rapporto obbligatorio in capo all’erede e al legatario, alla cui volontà di adempiere o meno l’obbligazione di prestare assistenza è affidato il sostegno morale e materiale del disabile.

 

2. L’ambito soggettivo.

I destinatari della normativa, ai sensi dell'art. 1 comma 2, sono i disabili "gravi", come definiti dall'art. 3 comma 3 della l. 5 febbraio 1992, n. 104 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), e cioè coloro la cui “minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”.

 La legge non si applica invece agli anziani non autosufficienti (la cui “disabilità” sia cioè “determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità”). Occorre osservare che la primaria finalità della legge, come definita all’art. 1 comma 1, è quella di “favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità”, a prescindere dalle loro condizioni “sociali”, e quindi dal requisito della mancanza di un sostegno familiare attuale o potenziale. Tale requisito è espressamente richiesto solo per poter beneficiare delle “misure di assistenza, cura e protezione” preannunciate nel comma 2 del medesimo articolo, riguardante gli interventi che dovranno essere assicurati ed attuati da parte pubblica.

 Quanto invece alla possibilità di godere delle provvidenze e dei benefici stabiliti sul versante privatistico, tale requisito (e cioè la mancanza del sostegno familiare dei genitori e comunque la condizione sociale attuale o potenziale del beneficiario) perde rilevanza, non è infatti richiamato né nel successivo comma 3 dell’art. 1 (che introduce con la preposizione altresì le ulteriori provvidenze previste dalla legge), né negli articoli 5 e 6, che appunto individuano le attività negoziali dei privati a beneficio del disabile che possono godere delle agevolazioni ed esenzioni ivi previste.

Ciò fa ragionevolmente ritenere che i negozi contemplati negli articoli da ultimo citati possano essere conclusi:

  1. a) dai genitori, a tutela del figlio disabile grave, attualmente o potenzialmente privo del sostegno familiare (la disciplina delle misure di assistenza, cura e protezione è dall'art. 1 prevista infatti anche "in vista del venir meno del sostegno familiare"); in questo caso si applicheranno sia le provvidenze pubbliche che i benefici e le agevolazioni fiscali della legge 112/2016 e la tutela predisposta a livello civilistico andrà ad integrare in questo caso il “progetto individuale” predisposto dagli enti locali in base alla legge 328/2000;
  2. b) dagli altri parenti o da terzi, a tutela del disabile grave privo del sostegno familiare; è da ritenere che anche qui si applicheranno sia le provvidenze pubbliche che i benefici e le agevolazioni fiscali della legge 112/2016;
  3. c) dai genitori e/o dai parenti e/o dai terzi, a favore del disabile grave che comunque non sia privo del sostegno familiare; qui si applicheranno solo i benefici e le agevolazioni fiscali della legge 112/2016 (art. 5 e 6);
  4. d) dai genitori e/o dai parenti e/o dai terzi, a favore di persone affette da disabilità, ancorché non grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della l. 104/92, ma in questo caso è dubbio se si potrà beneficiare delle agevolazioni fiscali.

 La finalità genericamente attuativa degli obiettivi della Convenzione di New York del 2006 sui diritti delle persone con disabilità - solennemente proclamata dalla legge nel primo comma dell’art. 1 – favorisce infatti un’interpretazione estensiva con riguardo ai soggetti che possono compiere le operazioni negoziali di cui all’art. 6, non limitandoli ai soli genitori della persona disabile, come è d’altronde argomentabile dalla disciplina fiscale prevista dai commi 4 e 5 dell’art. 6 per la tassazione degli atti di ritrasferimento del patrimonio residuo in caso di morte del beneficiario.

 

3. Trust, vincoli di destinazione e fondi speciali.

Come detto, la legge 112/2016 investe anche il settore privato, promuovendo la stipula di polizze di assicurazione, di trust, di vincoli di destinazione ex 2645 ter c.c., di fondi speciali amministrati con contratti di affidamento fiduciario, in favore di persone con disabilità grave (art. 1, comma 3) attraverso regimi fiscali di favore.

 Ad una prima lettura della legge colpisce che il legislatore abbia richiamato strumenti privatistici non del tutto consolidati nel sistema giuridico italiano (se non addirittura di creazione esclusivamente dottrinaria qual è il “contratto di affidamento fiduciario”), finora stigmatizzati da una parte della dottrina e della giurisprudenza sia per la loro estraneità al sistema giuridico italiano (vedasi l’istituto di origine anglosassone del trust), sia per il contrasto con il principio generale di responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c., sia per la loro attitudine a mascherare finalità elusive del suddetto principio.

 Vero è che l’autonomia privata può liberamente esplicarsi purché in vista della soddisfazione di interessi meritevoli di tutela (art. 1322 comma 2 cod. civ.) e in quest’ottica non può sottovalutarsi che il legislatore italiano abbia riconosciuto, con la legge de qua, la piena legittimità di tali strumenti, quantomeno allorché perseguano le finalità di cui alla legge stessa.

 In dottrina, invero, è già sorto il dubbio riguardo alla portata “sostanziale” delle disposizioni di cui all’art. 6. Si è infatti affermato che il provvedimento è nato come legge in materia fiscale, recante agevolazioni di tale natura e non nuove norme di diritto sostanziale e che, pur facendo riferimento il legislatore a istituti sconosciuti (del tutto o quasi) al nostro ordinamento, non si possa ammettere che essi siano stati ivi “tipizzati”, dovendosi invece ricercare altrove la loro disciplina e, solo ove esistente, i relativi atti potranno godere dei benefici fiscali previsti dalla nuova normativa[2].

 L’art. 6 comma 1 della legge 112/2016 - con espressione a-tecnica, considerato che oggetto di tassazione non è il bene bensì la pattuizione - statuisce che i beni e i diritti “conferiti” in trust ovvero “gravati” da vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter cod. civ. ovvero “destinati a fondi speciali” (si tratta dei fondi cui fa riferimento il comma 3 dell’art. 1, “composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario anche a favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale”), sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni.

 Il successivo comma 2 chiarisce che le esenzioni e agevolazioni previste nel medesimo articolo saranno applicabili solo a condizione che le operazioni negoziali sopra descritte siano espressamente ed esclusivamente finalizzate all’inclusione sociale, alla cura e all’assistenza delle “persone con disabilità grave” in favore delle quali siano stipulate. La disposizione impone pertanto che di simile finalità sia fatta espressa menzione nell’atto.

 Come sopra accennato, non è invece requisito per la stipulabilità dei negozi previsti nell'art. 6, l'assenza di “sostegno familiare” in capo alla persona disabile, sia perché la disciplina delle misure di assistenza, cura e protezione è dall'art. 1 della legge prevista anche “in vista del venir meno del sostegno familiare”, sia perché tale requisito non compare né nell’art. 3 comma 1 (che indica gli atti e le erogazioni agevolate) né nell’intero art. 6 che appunto si occupa dei negozi oggetto del regime fiscale di favore.

 Estrema rilevanza, ai fini dell'applicabilità dell'art. 6, ha invece il requisito di forma, poiché il comma 3 dell'art. 6 prevede che le esenzioni e agevolazioni in esso previste si applichino - tra l'altro - a condizione che l'istituzione del trust ovvero il contratto di affidamento fiduciario, che disciplina i fondi speciali di cui al comma 3 dell'articolo 1, ovvero la costituzione del vincolo di destinazione di cui all'articolo 2645-ter del codice civile avvengano per atto pubblico.

 Occorre precisare che l’art. 6 comma 11 rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze - da emanarsi di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge - la definizione delle modalità di attuazione dell’articolo stesso. Attraverso le attese norme di dettaglio sarà forse possibile dipanare una serie di problematiche che emergono da una prima lettura del testo normativo e dalla segnalata atipicità degli istituti di diritto privato ivi richiamati.

 Andando quindi ad esaminare le singole figure negoziali contemplate nell’art. 6 della legge ci si pone immediatamente il problema riguardo al trust e all'individuazione dell'istituto di riferimento, considerato che l'Italia non ha una normativa specifica in materia e che l’unica legislazione esistente allo stato è quella che ha ratificato la Convenzione de L’Aja sulla legge applicabile al trust del 1° luglio 1985 (L. n. 364 del 16 ottobre 1989, entrata in vigore il 1° gennaio 1992). Tramite tale legge è stata riconosciuta la legittimità dei trust istituiti all’estero e consentita l’istituzione anche in Italia, nel caso in cui tutti gli elementi (in particolare soggetti e beni) siano italiani.

 Secondo la figura definita dall'art. 2 della Convenzione, per trust si intendono i negozi giuridici istituiti da una persona, il costituente - con atto tra vivi o mortis causa – con i quali taluni beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell'interesse di un beneficiario o per un fine specifico.

 Con il trust, in sostanza, il disponente affida e trasferisce in proprietà ad un altro soggetto di sua fiducia uno o più beni, affinché quest’ultimo ne assuma il controllo e li gestisca nel rispetto delle finalità stabilite all’atto di costituzione e nell’interesse di uno o più beneficiari.

Pur non essendo una figura negoziale tipica, il trust è espressione di autonomia negoziale ed è legittimo solo laddove la causa che sorregge il negozio sia lecita e meritevole di tutela, visto che per assicurare il raggiungimento della stessa l’ordinamento prevede un effetto particolarmente consistente quale la segregazione, ossia la separazione dei beni conferiti nel trust dal restante patrimonio del trustee, il quale a sua volta non gode di tutte le prerogative proprietarie, non potendo fare suoi i frutti, né godere dei beni stessi ma è tenuto solo ad utilizzarli e gestirli nell’interesse dei beneficiari. Ugualmente i beni in trust non cadono in successione in caso di decesso del trustee così come non possono essere oggetto di azioni esecutive promosse dai suoi creditori personali e sono esclusi dall’eventuale regime di comunione legale tra coniugi. L’effetto segregativo, o vincolo di separazione, si verifica pertanto sia con riguardo al patrimonio del disponente (da cui materialmente i beni sono espunti) sia con riguardo al patrimonio personale del trustee (con il quale quei beni non si confondono) e il tutto avviene nell’interesse del/dei beneficiari.

 Occorre comunque segnalare che i trusts hanno ormai trovato in Italia una diffusa applicazione, testimoniata dalle numerose pronunce giurisprudenziali emanate negli ultimi anni[3]. Se quindi il legislatore ha inteso fare riferimento alla figura del trust di cui alla citata Convenzione si porrà il problema dell'applicabilità della nuova legge ai trust testamentari (probabilmente inclusi nel regime agevolato stante il riferimento all'esenzione dall'imposta sulle successioni).

 Quanto all'istituto di cui all'art. 2645 ter, c.c. (atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela, riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti e persone fisiche) secondo i primi commentatori nessuna novità di rilievo sembra aver apportato la legge n. 112/2016. Si tratta infatti di un istituto già disciplinato nell’interesse di persone con disabilità, ancorché finora poco applicato nella prassi. L’opponibilità del vincolo di destinazione ai terzi è qui assicurata dall’espressa previsione di trascrivibilità dell’atto costitutivo. Si è inoltre rilevato che nonostante varie aperture dottrinali rispetto alle categorie di beni che possono costituire oggetto del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. la legge ha assunto un atteggiamento di chiusura, confermando, nell'art. 6 comma 3 lett. e), che esso può avere a oggetto solo beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri[4].

 Assolutamente nuova appare infine la fattispecie giuridica dei “fondi speciali” composti da beni sottoposti a “vincolo di destinazione” e disciplinati con “contratto di affidamento fiduciario”. Quest’ultimo contratto, teorizzato perlopiù dalla dottrina[5], non gode di alcuna disciplina nel nostro ordinamento né può ritenersi che la legge in commento possa costituire norma sostanziale in proposito, limitandosi ad indicare nell'art. 6 il contenuto necessario che il negozio deve avere per poter godere delle agevolazioni ed esenzioni fiscali. Si tratta invero del medesimo contenuto richiesto anche per le altre due figure del trust e del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter.

 Il contratto di affidamento fiduciario è stato definito in dottrina come quel contratto per mezzo del quale un soggetto, affidante, conviene con un altro, affidatario, l’individuazione di taluni beni da impiegare a vantaggio di uno o più soggetti in forza di un programma, la cui attuazione è rimessa all’affidatario. In questo tipo di contratto ciò che si rivela essenziale e immanente è proprio l’adempimento di un programma in vista di un certo fine. La caratterizzazione funzionale comporta inoltre la necessità di un altro elemento essenziale, qual è l’indipendenza dell’affidatario[6].

 E’ stato inoltre giustamente rilevato che, mentre effetto naturale del trust e del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. è la separazione patrimoniale, occorre chiedersi innanzitutto se la legge 112/2016 sia in grado di attribuire un analogo effetto con riferimento a tali “fondi speciali”, che a norma dell’art. 1 comma 3 sono “composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione”. Se cioè i “vincoli di destinazione” disciplinati con “contratto di affidamento fiduciario” siano diversi dal vincolo di destinazione ex art. 2645 ter cod. civ. (che come detto può imprimersi solo su beni immobili e mobili registrati). L’espressa differenziazione normativa tra tali vincoli e quello di cui all'art. 2645 ter cod. civ. potrebbe allora essere intesa nel senso che sia consentito far confluire nei fondi speciali qualsiasi utilità giuridica patrimonialmente rilevante[7].

 Altro dubbio che la legge 112/2016 non scioglie è se siano ammesse strutture negoziali solo bilaterali, con conseguente (e necessaria) diversità tra disponente dei beni e diritti e gestore dei medesimi, ovvero anche unilaterali, in cui le due figure coincidano. Occorrerà inoltre capire se l'affidamento implica o meno anche il trasferimento dei beni. Certo è che la norma parla di “contratto” e quindi, almeno con riferimento a questa figura negoziale, pare si possa escludere la coincidenza soggettiva tra affidante ed affidatario e quindi lo schema unilaterale.

 La legge infine non contempla – incomprensibilmente - tra gli atti agevolati i trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito, come anche le fattispecie negoziali riconducibili al mandato regolato dal codice civile. Un’eventuale donazione o un lascito testamentario gravati dall'onere di assistere un disabile grave restano pertanto fuori dall'ambito applicativo delle agevolazioni previste dall'art. 6.

 

3.1 Trust di protezione, amministrazione di sostegno e autorizzazioni giudiziali

Ci si è interrogati[8] sul problema del rapporto tra la disciplina sul trust di protezione con le norme in materia di amministrazione di sostegno, poiché in entrambi gli istituti sono presenti la cura e l’assistenza del disabile.

 Il dubbio, a ben vedere, ha ragione di porsi non solo con riferimento allo schema (classico) del trust di protezione delineato dalla legge 112/2016, in cui i genitori sono i disponenti (settlor) mentre il trustee coincide, di regola, con un ente o un soggetto particolarmente qualificato alla cura e all’assistenza dei disabili (enti di assistenza, associazioni o fondazioni).

Ma anche con riferimento al c.d. trust autodichiarato e, ove se ne ammetta la figura, a quello autodestinato.

Il primo ricorre quando uno dei genitori venga nominato trustee, così che la posizione di disponente e quella di trustee vengano a coincidere nella stessa persona. Tale scelta[9] potrebbe rivelarsi particolarmente utile tutte le volte in cui i genitori siano viventi e decidano di assistere il figlio direttamente, riservandosi la facoltà di designare il trustee successivamente, così che questo soggetto continui dopo la loro morte a prestare le medesime attività di assistenza e protezione.

Il c.d. trust autodestinato, invece, ricorre nell’ipotesi in cui sia lo stesso soggetto destinatario delle misure di protezione a figurare come settlor. Sull’ammissibilità di quest’ultima figura di trust si è chiarito che i trust di protezione autodestinati possono ritenersi pienamente leciti allorché assicurino un sistema di gestione patrimoniale adeguato ed efficace dell’interesse del beneficiario privo di autonomia, creando un sistema proporzionato alle sue esigenze[10].

Conformemente ad alcune pronunce giurisprudenziali[11], è possibile sciogliere in senso affermativo il dubbio sopra evidenziato circa la compatibilità tra la disciplina del trust di protezione e quella relativa all’amministrazione di sostegno, emergendo una perfetta coerenza tra il funzionamento del trust di protezione e l’istituto previsto dagli articoli 404 ss. cc., sicché il primo può ben ritagliarsi una propria autonomia funzionale tra le misure di sostegno a favore dei disabili.

 In quest’ottica si è quindi giudicato ammissibile sia la possibilità di dissociare la figura del trustee da quella dell’amministratore di sostegno, affidando le rispettive funzioni a soggetti diversi[12], sia la possibilità di incaricare l’amministratore di sostegno per lo svolgimento di una funzione di “guardiano”[13].

Sotto altro profilo ci si è anche interrogati[14] se nell’ambito di un trust avente quale beneficiario un minore o un incapace, il trustee debba munirsi della prescritta autorizzazione giudiziale (artt. 320, 374, 375, 394, 411, 424 cod. civ. e art. 747 cod. proc. civ.) quando debba compiere atti di straordinaria amministrazione.

L’opinione che appare preferibile[15], ispirata a prudenza, è nel senso di ritenere necessaria l’autorizzazione per il trustee, solo quando il disponente coincida con l’incapace (trust autodestinato) e non invece quando i disponenti siano i genitori[16]. Nel primo caso appare opportuno ricorrere al sistema delle autorizzazioni giudiziali, dal momento che la gestione dei beni conferiti in trust è effettuata dal trustee nell’interesse del settlor (ancorché solo temporaneamente trattandosi di beni che dovranno comunque rientrare nel patrimonio dell’incapace). Si tratta di un’impostazione che esclude, evidentemente, che con l’istituzione del trust il giudice abbia implicitamente autorizzato anche una gestione dei beni da parte del trustee disancorata dal controllo sui futuri ed eventuali atti di straordinaria amministrazione.

 

3.2 Riducibilità e revocabilità degli atti dispositivi con finalità di protezione.

La legge 112/2016 lascia aperti altri profili problematici, non disciplinati dal legislatore e destinati a creare non poche incertezze in relazione all’effettivo funzionamento degli istituti civilistici contemplati.

Il non chiaro inquadramento giuridico dell’atto dispositivo di trust - vale a dire se esso integri o meno un atto di liberalità o quanto meno un atto gratuito -  potrebbe esporre il negozio all’azione di riduzione (artt. 555 ss. c.c.), all’azione revocatoria o pauliana (art. 2901 c.c.) o addirittura al “pignoramento revocatorio”, di cui all’art. 2929 bis c.c., come di recente introdotto[17]. Con la conseguenza, assai grave, che la disposizione dei genitori a favore del figlio disabile potrebbe essere in concreto vanificata nei suoi effetti.

Quanto all’azione di riduzione esperibile dall’erede legittimario che sia stato leso o pretermesso nella quota riservatagli per legge - anche a seguito di atti compiuti in vita dal de cuius - il legislatore non ha introdotto alcuna disposizione che ne limiti la portata nel caso l’atto compiuto sia riconducibile a quelli di cui alla L. 112/2016, sicché l’atto istituivo di trust stipulato dai genitori a favore del figlio, ad esempio, nel caso in cui venisse qualificato come donazione (indiretta) o negozio a titolo gratuito, potrebbe risultare inefficace a seguito del vittorioso esperimento dell’actio pauliana.

Prima dell’entrata in vigore della legge in esame non sono mancate invero opinioni che con riferimento ai trust di protezione, hanno escluso che tali negozi possano ledere i diritti dei legittimari diversi dal disabile stesso.

Si è osservato, in particolare, che il trust a favore dei disabili non sarebbe riducibile in quanto non si configurerebbe come un atto di liberalità o di donazione, bensì come un atto di adempimento dell’obbligazione legale di assistere e mantenere il soggetto portatore di handicap (obbligo a cui il genitore non potrebbe sottrarsi). Tale adempimento pertanto, non essendo una liberalità ma un atto di natura solutoria, si sottrarrebbe all’azione di riduzione non ledendo i diritti degli altri legittimari[18].

L’obiezione che viene mossa a tale ricostruzione[19] fa leva essenzialmente sulla considerazione che in base a questa tesi, l’erogazione a titolo di mantenimento a favore del disabile, proseguirebbe anche dopo la morte del disponente, come se permanesse la natura solutoria dell’erogazione, quando è noto invece che l’obbligo di mantenimento del disabile sussiste a carico del genitore disponente solo finché quest’ultimo sia in vita, sì che dopo la sua morte appare difficile escludere la natura liberale dell’attribuzione.

 La tesi contraria, inoltre, ricava indiretta conferma dell’estinzione dell’obbligo di mantenimento dal combinato disposto degli artt. 742, co. 1°, c.c. e 564, ult. co., c.c., i quali pur dichiarando esenti da collazione e da riduzione le “spese di mantenimento” – e quindi palesano la natura non liberale di tali attribuzioni – è anche vero che si riferiscono alle spese che hanno fonte in un atto inter vivos, ma sono state anche materialmente effettuate dal de cuius durante la propria vita (in adempimento – appunto – del proprio obbligo legale di mantenimento dei figli)[20].

 In conclusione, laddove il trust in esame prevedesse attribuzioni in favore del figlio disabile del disponente, ancorché in misura non eccedente a quanto necessario per il mantenimento del beneficiario, ma destinate a protrarsi anche dopo la morte del disponente stesso, non potrebbe escludersene la natura liberale e, con essa, l’invalidità della correlativa donazione indiretta effettuata.

 La qualificazione dell’atto istitutivo di trust come donazione indiretta, o atto a titolo gratuito, lo rende esposto anche ai rimedi “revocatori”, costituiti sia dall’azione pauliana ex art. 2901 c.c. che al c.d. pignoramento revocatorio ex art. 2929 bis c.c.

 Prima dell’introduzione di quest’ultima norma, laddove il debitore avesse posto in essere vincoli di destinazione o atti di alienazione a titolo gratuito, al creditore pregiudicato da detti atti era riconosciuta esclusivamente la facoltà di agire con l’azione revocatoria; egli non poteva, in assenza del passaggio in giudicato della sentenza che revocava il negozio, avviare alcuna procedura esecutiva sui beni oggetto degli atti dispositivi che, una volta trasferiti a terzi, non potevano essere aggrediti con tali procedure (artt. 2902 e 2910, comma 2, c.c.).

 Oggi il creditore, a fronte della medesima situazione, può agire direttamente in via esecutiva contro il debitore, trascrivendo da subito il pignoramento ex art. 2929 bis sul bene oggetto del negozio pregiudizievole, senza necessità di ottenere prima la sentenza di revoca dell’atto e a condizione che sussistano determinati presupposti.

 Ciò ancor più ove si consideri che la giurisprudenza ritiene che il trust si presti, al pari del fondo patrimoniale (di cui è costantemente affermata la natura di atto gratuito[21]), a sottrarre ai creditori le garanzie di cui all’art. 2740 c.c.[22]. Quando sia sorto o si risolva in frode ai creditori, anch’esso è pertanto soggetto all’azione revocatoria[23], e quindi all’art. 2929 bis c.c.

 

4. Forma e contenuto degli atti.

L'art. 6 comma 3 della l. 112/2016, alle lettere dalla a) alla h) enuncia una serie di “condizioni” che devono essere tutte congiuntamente presenti negli atti negoziali di cui sopra, perché essi possano beneficiare del regime fiscale agevolato.

Gli atti istitutivi di trust, di vincoli di destinazione di cui all'articolo 2645-ter del codice civile e di destinazione a fondi speciali di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario, dovranno innanzitutto essere stipulati nella forma dell'atto pubblico. Essi devono inoltre:

1. a) identificare in maniera chiara e univoca i soggetti coinvolti e i rispettivi ruoli;

2. b) descrivere “la funzionalità e i bisogni specifici” delle persone con disabilità grave, in favore delle quali sono istituiti;

3. c) indicare le attività assistenziali necessarie a garantire la cura e la soddisfazione dei bisogni delle persone con disabilità grave, comprese le attività finalizzate a ridurre il rischio di loro istituzionalizzazione;

4. d) individuare - a seconda del tipo negozio stipulato - gli obblighi del trustee, del fiduciario e del gestore, riguardo al progetto di vita e agli obiettivi di benessere che lo stesso deve promuovere in favore del beneficiario;

5.  e) indicare gli obblighi e le modalità di rendicontazione a carico del trustee o del fiduciario o del gestore;

6.  f) prevedere che gli esclusivi beneficiari siano le persone con disabilità grave;

7.  g) prevedere che i beni siano destinati esclusivamente alla realizzazione delle finalità assistenziali del beneficiario;

8.  h) individuare il soggetto preposto al controllo delle obbligazioni imposte a carico del trustee o del fiduciario o del gestore e i criteri per la sua sostituzione (richiedendo la norma che tale soggetto sia “individuabile per tutta la durata del trust  o dei fondi speciali o del vincolo di destinazione");

9.  i) stabilire che il termine finale di durata sia la data della morte della persona con disabilità grave;

10. l) stabilire la destinazione del patrimonio residuo.

I beni e i diritti che residuano alla morte del beneficiario potranno essere ri-trasferiti ai soggetti che hanno stipulato l'atto (si applicheranno in questo caso i benefici fiscali previsti al comma 4 dell’art. 6: esenzione dell’imposta sulle successioni e donazioni, imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa) ovvero essere attribuiti ad altri soggetti (comma 5 dell’art. 6, in forza del quale si applicherà l’imposta sulle successioni e donazioni in considerazione del rapporto di parentela o coniugio intercorrente tra disponente, fiduciante e destinatari del patrimonio residuo).

Si è infine osservato come la norma non sembri tenere conto del fatto che i beni e diritti da utilizzare in favore del disabile potrebbero essere stati destinati da parte di soggetti diversi (ed ulteriori) da coloro che hanno stipulato l'atto originario. Il comma 6 dell'art. 6, infatti, nello stabilire l'applicabilità delle imposte di registro ipotecaria e catastale in misura fissa ai trasferimenti di beni e diritti in favore del trustee, del gestore e del fiduciario non pone limitazioni soggettive (la norma per individuare il destinatario dei trasferimenti di beni e diritti, fa riferimento ai "trust", ai "fondi speciali" e ai "vincoli di destinazione", con una sorta di “entificazione” degli stessi). Appare perciò plausibile che il trattamento tributario di favore previsto dal comma 4 dell’art. 6, che sottopone il “ritorno” dei beni nel patrimonio dei soggetti che hanno stipulato l'atto alle imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, sia applicabile anche nel caso in cui i beni ritornino agli eventuali terzi che hanno apportato i beni in favore del disabile, mentre se i beni apportati da costoro dovranno essere attribuiti a terzi si applicherà l'imposta di donazione secondo le regole previste nel comma 5 (cfr. D. Muritano cit.).

 

5. Il Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare e sue finalità.

L’art. 3 della legge istituisce il Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, inserendolo nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e prevedendo una dotazione pari a 90 milioni di Euro per il 2016, 38,3 milioni di Euro per il 2017 e 56,1 milioni di Euro annui a partire dal 2018.

 I primi 90 milioni saranno attinti dal Fondo per il sostegno a soggetti con disabilità grave, già istituito con la legge di stabilità del 2016 (art. 1 comma 400 della l. 28 dicembre 2015 n. 208) e potranno essere utilizzati non appena saranno emanati i decreti ministeriali attuativi (art. 3 comma 2) per le misure di assistenza, cura e protezione previste per le persone disabili gravi prive di sostegno familiare. Per gli stanziamenti relativi agli anni successivi si farà ricorso a un complesso finanziamento che vede impegnate le proiezioni di stanziamento dei fondi di riserva e speciali e dei fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, che viene all’uopo autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 L’art. 4 della legge precisa quali potranno essere gli impieghi delle somme del Fondo – ferma restando la necessità della definizione degli obiettivi di servizio ad opera dei decreti ministeriali attuativi - individuando in via generale forme di intervento volte alla deistituzionalizzazione, alla realizzazione di soluzioni “innovative” di residenzialità, come il co-housing e il mutuo aiuto tra persone con disabilità, allo sviluppo di programmi di accrescimento delle capacità e delle competenze che favoriscano la gestione della vita quotidiana e il “raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile”. Stabilisce inoltre che al “finanziamento” di tali programmi e all’”attuazione” di simili interventi possano compartecipare: le regioni, gli enti locali, gli enti del terzo settore, “altri soggetti di diritto privato con comprovata esperienza nel settore dell’assistenza alle persone con disabilità”, nonché le famiglie “che si associno” per le finalità di cui all’art. 1 della legge.

 

6.Ulteriori disposizioni agevolative.

Per concludere occorre infine richiamare brevemente le ulteriori disposizioni agevolative quale quella dell’art. 6 comma 7, che esenta dall’imposta di bollo tutti gli atti, i documenti, le istanze, i contratti nonché le copie dichiarate conformi e le attestazioni posti in essere da trustee, gestori e fiduciari. Il comma 8 del medesimo articolo prevede la possibilità per i Comuni di stabilire aliquote ridotte, franchigie o esenzioni dell’imposta municipale propria per i soggetti passivi di cui all’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con riferimento ad immobili e diritti reali oggetto di vincolo di destinazione, sempre che ciò avvenga “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Il comma 9 dell’art. 6 dispone inoltre la detraibilità dell’imposta sul reddito (ex art. 14 comma 1 D.L. n. 35/2005) per le erogazioni liberali, donazioni ed altri atti a titolo gratuito, effettuati dai privati a favore dei trust e dei fondi speciali, con elevazione dei limiti di legge al 20 % del reddito complessivo dichiarato e a 100.000 euro. Agevolazione applicabile a decorrere dal periodo d’imposta 2016, mentre per tutte le altre è prevista la decorrenza dal 1/1/2017.

E’ stato infine elevato da € 530 a € 750 l’importo detraibile delle spese sostenute per le polizze assicurative aventi ad oggetto il rischio morte finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave (art. 5 comma 1).

                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

Note


[1] C. Giacobini, Dopo di noi: l’occasione perduta, editoriale del 1° febbraio 2016, in www.superando.it

[2] S. Pepe, “Dopo di noi” a prescindere da noi? Riflessioni a margine della L. 112/2016, in www.salvisjuribus.it

[3] Un’ampia e aggiornata rassegna è reperibile su www.il-trust-in-italia.it

[4] D. Muritano, La legge sul "dopo di noi". Prime osservazioni sugli aspetti civilistici (reperibile in www.linkedin.com)

[5] M. Lupoi, Il contratto di affidamento fiduciario, in Rivista del notariato, 2012, p. 513; per un’applicazione pratica dell’istituto cfr. R. Accarino, Brevi note in tema di pubblicità dell’affidamento fiduciario, in Trusts e attività fiduciarie, 2012, pag. 682 e ss.

[6] cfr. M. Lupoi, cit.

[7] cfr. D. Muritano, cit.

[8] Sulla questione si rinvia ad A. Musto, “I chiaroscuri della legge sul dopo di noi”, relazione presentata al convegno Dopo di noi: trust, vincoli di destinazione ed altri strumenti di tutela nella legge 22 giugno 2016, n. 112, sull’assistenza ai disabili gravi, Viterbo il 14 luglio 2016 (manoscritto gentilmente messoci a disposizione dall’Autore).

[9] Benché l’operazione, in generale, sia stata ritenuta non meritevole di tutela dalla giurisprudenza di merito proprio a causa dell’immedesimazione tra disponente e trustee che escluderebbe l’effetto segregativo del patrimonio, in tal senso Trib. Bergamo, 4 novembre 2015, in www.dirittobancario.it, con nota di D. Muritano, Trust autodichiarato e azione revocatoria. Una sentenza discutibile ; Trib. Forli 5 febbraio 2015 in Foro it. 2015, 7-8, I, 2535; Corte appello Napoli, 27/05/2004, Giur. napoletana 2004, 471; sul punto si veda anche Cass. 9 maggio 2014 n. 10105 in il Fallimento, 2014, 1150.

[10] A. Di Sapio, Trust e amministrazione di sostegno (atto primo)-I parte, in Trust, 2009, 369

[11] Trib. Genova 30 gennaio 2014, in Trust, 2014, 511 e Trib. Bologna 23 settembre 2008, in Trust, 2008, 631

[12] Trib. Bologna, 11 maggio 2009, in Notariato, 2009, 631 e Trib Bologna 23 settembre 2008, in Trust, 2008, 631

[13] Trib. Rimini, 21 aprile 2009, in Trust, 2009, 409

[14] Sul punto, diffusamente, A. Musto, cit.

[15] D. Muritano- S. Bartoli, Note sul trust interno, commento a Trib, Grosseto  30 luglio 2008, in Notariato, 2009, 40. Alla tesi accolta nel testo si contrappongono quella che ritiene sempre necessario che il trustee si munisca dell’autorizzazione giudiziale (V. Salvatore, Il Trust. Profili di diritto internazionale e comparato, Padova, 1996, 102, Trib. Perugia, 26 giugno 2001 e 16 aprile 2002, entrambe in Trust, 2002, la prima a pag. 52 e l’altra a pag. 584) e quella che invece non ritiene mai necessaria l’autorizzazione in parola (F. Pene Vidari, Trust e divieto dei patti successori, in Riv. dir. civ. 2000. II, 851) per la considerazione che l’attività di gestione prescinde dalle autorizzazioni del giudice, avendo quest’ultimo già autorizzato – quale atto di straordinaria amministrazione – il trasferimento dei beni in funzione segregativa al trust. Seguendo questa tesi i beni una volta che siano usciti dal patrimonio del disabile, non possono più considerarsi del patrimonio di quest’ultimo e quindi assoggettabili alla disciplina autorizzatoria del codice civile.

[16] Per quanto non possa escludersi l’opportunità di inserire nell’atto istitutivo di trust, anche in questo caso, di una clausola di esonero del trustee dall’obbligo di richiedere le autorizzazioni giudiziali

[17] Per un primo commento sulla novità di questo istituto si rinvia a M. Leo, Prime riflessioni sulla nuova figura del “pignoramento revocatorio” in Società e Contratti, Bilancio e revisione, 11/2015, 29 ss.

[18] M. Lupoi, Trusts, Milano, 2001, 645-646

[19] S. Bartoli, M. Graziadei, D. Muritano, L. F. Risso, I trust interni e le loro clausole, ed. Consiglio Nazionale del Notariato, 2007, 176 ss.

[20] S. Bartoli, M. Graziadei, D. Muritano, L. F. Risso, I trust interni, cit.

[21] Cass., 22 marzo 2013, n. 7250 in Banca borsa tit. cred., 2015, 1, II, 1. L’orientamento giurisprudenziale è consolidato sulla natura gratuita dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale anche quando è posto in essere da entrambi i coniugi, nonché sulla sua assoggettabilità ad azione revocatoria ordinaria, Cass., 9 giugno 2015, n. 11862 in Dejure; Cass., 29 aprile 2009, n. 10052, in Fam. e dir., 2009, 901; Cass., 7 ottobre 2008, n. 24575, in Giust. civ., 2009, 1909

[22] Trib. Novara, 29 gennaio 2015, in www.ilcaso.it.

[23] Trib. Cassino, 1° aprile 2009, in Dir. fam., 2009, 3, 1266. Analogamente, Trib. Monza, 20 gennaio 2015, in Trusts, 2016, 283; Trib. Forlì, 30 maggio 2013, ivi, 2015, 80; Trib. Genova, 18 febbraio 2015, in www.ilcaso.it; Id., 6 novembre 2015, in Il familiarista.it, 2016, 19 gennaio. In particolare, con riferimento alla revocabilità del trust familiare, anche detto Family Trust, istituito per provvedere ai bisogni della famiglia, se ne afferma la natura gratuita come pure dell’atto di trasferimento al trustee. Così, Trib. Roma, 12 ottobre 2015, n. 20348, in Trusts, 2016, 270 ss.; Trib. Modena, 16 giugno 2015, ivi, 2015, 587 ss.; Trib. Piacenza, 6 luglio 2015, ivi, 2016, 62 ss.

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